Non c'è cosa più difficile per me di spiegare ad un ragazzo, persino il mio, quello che provo io (e tante altre donzelle come me) ogni volta che apro la porta di casa e decido di uscire da sola. Ora cercherò di fare un "piccolo" elenco puntato di come un'azione ripetuta nel tempo, per anni e anni, porti al cosiddetto fear conditioning, fenomeno che oltretutto sta alla base del PTSD.

Ma andiamo con ordine


-Verso i 12 anni (se sei fortunata, perché c'è a chi succede anche prima) iniziano le prime occhiate languide di persone che potrebbero essere tuo padre/nonno. Al tempo magari non comprendi, ma provi sulla pelle un certo senso di disgusto.


-A 13 anni sull'autobus casualmente un signore si avvicina di fianco a te e ti appoggia una mano sulla gamba. Ancora non capisci (o forse sì), ti dà fastidio, ma qualcosa ti impedisce di parlare e la voce che vorrebbe uscire ti si strozza in gola. Torni a casa e appoggi lo zaino, avrai capito male tu.


-A 14 inizi il liceo, sei contenta perché nonostante tu sia una bambina cominci a sentirti grande e hai voglia di spaccare il mondo. Ed ecco che nella tua falsa sicurezza, mentre vai a scuola, provi la viscida sensazione della prima palpata sul sedere da parte di un tizio in piedi accanto a te. "Ma non l'avrà mica fatto apposta" pensi, ingenua. "Come può un uomo adulto mettermi apposta le mani addosso?". Ripeti questa frase come un mantra nella tua testa perché una parte di te non ci crede, non vuole crederci.

Stai zitta la prima volta ma poi decidi di dirlo alle tue amiche e scopri con sgomento che a loro è capitato lo stesso il mese prima.


-A 15 anni cominci a tornare un po' più tardi nel pomeriggio, ma è inverno e il cielo inizia ad incupirsi. Un gruppo di ragazzi si ferma con l'auto e inizia a fischiare per attirare la tua attenzione e ti invita a salire dietro con loro. Il cuore inizia a pulsare feroce nel petto, abbassi la testa e vai avanti, perché magari qualche adulto ti ha sempre detto "ignorali", un po' come facevano le maestre con i bulli che ti tormentavano alle medie. E tu lo fai, cerchi di continuare a camminare nonostante le gambe ti tremino dalla paura e avresti voglia di piangere. Riesci a svoltare in una via più stretta e mentre si allontanano senti un "Ehi piccola, che fai, sei spaventata?Volevamo solo fare amicizia" seguito da una fragorosa risata


-A 16 anni vuoi andare in discoteca con le amiche e insisti affinché i tuoi genitori ti lascino andare, dopo giorni di "Ma Chiara ci va, posso andare con lei e le sue compagne di classe?". Tuo padre, stremato, decide di accontentarti e ti fa un accenno con un sorriso

"Non mollare mai il drink"/"Non staccarti mai dalle amiche"/"Non bere"/"Non uscire fuori con persone che non conosci"/"Quel vestito è troppo corto, cambiati"/"Tieni il telefono acceso"/"Chiamami" queste sono alcune delle centomila raccomandazioni che tua madre ti continua a ripetere prima di varcare la soglia di casa e farti accompagnare in discoteca. Arrivata là Chiara sparisce per circa un'ora, tu e le sue amiche la cercate e non la trovate. Preoccupate, tentate di rintracciarla e la vedete accantonata al muro dell'edificio mentre un ragazzo la sta palpeggiando sotto al vestito e la spinge ripetutamente, ansimando. Vi precipitate e urlando cacciate via il rifiuto umano, ricongiungendovi a lei e abbracciandola. Chiara è strana, sembra assente, pare non riconoscervi. Dopo qualche ora, i suoi occhi tornano vigili e vi chiede cosa stia succedendo. "Ma come non ti ricordi?" 

"Che cosa è successo?"

Il padre della ragazza torna a prendervi per riportarvi a casa e nessuno parla più di quell'evento per anni. Curiosa cerchi su internet i sintomi della tua amica e la barra di ricerca ti mostra in prima pagina "droga dello stupro". Nella tua giovane e legittima ignoranza, non sapendo cosa sia entri sui forum e con gli occhi sgranati leggi diversi commenti a riguardo "Vabbè dai sono ragazzate"/ "Cosa vuoi che sia"/"Aveva la minigonna, poi non ha urlato. Non sono mica stato io a farle male"/"Se non avesse bevuto non le sarebbe mai capitato. Questi giovani a 16 anni sono proprio irresponsabili".

Non vuoi crederci e ti sale il vomito. Inizi a rapportarti alla realtà della società che non ti vede come una vittima, bensì come la responsabile del tuo stesso trauma.


Da quell'anno in poi cominci a capire tutto. Inizi a leggere i giornali e notare che i violentatori escono dopo 2 anni dal carcere per "buona condotta" e tornare alla propria vita, mentre la vittima del branco si è tagliata le vene a seguito di questo evento e non esiste più. 


Gli uomini ti fischiano per strada, urlano "c**na/pu**ana/tr**a/vieni qua che ti faccio vedere qual è il tuo posto" se cerchi di rispondere, inizi a coprirti e ad evitare alcuni outfit ma a quanto pare non serve. 


Di notte senti un rumore mentre svolti l'angolo e con la coda dell'occhio noti che una persona ti segue. Il sangue comincia a scorrere più veloce nelle vene, le gambe tremanti fremono per rompere il passo in una corsa. "Ehi aspetta sono io, non mi riconosci?". Non riesci ad identificare immediatamente la persona dietro di te, ma la voce è femminile e questo ti basta a darti un buon motivo per abbassare la guardia e a tirare un sospiro di sollievo.


Ieri la tua migliore amica si è lasciata con il ragazzo ed è arrivata una sua foto nuda nel gruppo della classe "Oh raga qualcuno conosce sta troia? Queste c*gne vanno solo st**rate". Ti precipiti a casa sua e la trovi in lacrime: i mesi dopo per lei sono un inferno e cade in depressione e non viene più a scuola. La vedi cambiare, tra un taglio e un altro sussurra "è tutta colpa mia" e inizia a contemplare il suicidio. I i suoi genitori decidono di metterla in terapia per la sua sicurezza. Non sai più nulla di lei perché non può utilizzare il cellulare e capisci che quel ragazzo che doveva amarla e la società che si professa giudice sui social le hanno rovinato la vita, strappandoti quella persona solare con cui avevi condiviso l'adolescenza. 


Stai male e non sai cosa potrà accadere domani, non sai se tornerai a casa senza che qualcuno si sia impossessato del tuo corpo, non sai se il ragazzo che dici di amare manderà una tua foto su un gruppo di violentatori virtuali, non sai se la tua amica della discoteca riceverà finalmente giustizia dopo essere stata derisa dalla polizia e dai giornali. Inizi a piangere, sentendoti dannatamente impotente. E, con le cuffie sulle orecchie e le lacrime che cadono sulle guance, ti addormenti, mentre la melodia ti sussurra dolcemente : "Welcome to the world, little girl"


Carissima Revy, ci sono passato e ti capisco benissimo. Ti abbraccio veramente come se fossi una sorella. Quello che hai provato è qualcosa che nessuno dovrebbe subire mai. Il problema è culturale. Ci sono certe esperienze che in qualche modo ti segnano per sempre e non le dimentichi fin che vivi. Sappi che non sei sola e non lo sarai mai. Sei di una forza straordinaria, non c’ è niente di male a piangere e a sfogarsi sai. A volte non serve sempre a molto, però occorre andare avanti nonostante tutto sempre, qualunque cosa accada. Mi viene quasi da piangere ed una rabbia solo per la mentalità culturale di certe persone perché la mentalità negli anni sembra peggiorare. Ti sono vicino davvero. 

Tratto da un post di fb di Larry Semon

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