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Consip, il teste della cena tra Romeo e Tiziano Renzi indagato per corruzione

ROMA.
È il testimone eccellente dell'inchiesta Consip. L'uomo che ha raccontato di aver appreso da Alfredo Romeo la circostanza dell'incontro «in una bettola romana» fra l'imprenditore napoletano (oggi sotto processo per corruzione), l'intermediario toscano Carlo Russo e Tiziano Renzi (indagati per traffico di influenze). Ma adesso Alfredo Mazzei, stimato commercialista storicamente vicino all'ala migliorista del Pci e poi al Pd e inizialmente anche a Matteo Renzi, si ritrova ad indossare i panni dell'indagato. C'è anche il suo nome, infatti, nell'inchiesta per concorso in corruzione giudiziaria condotta dalla Procura di Roma nei confronti del giudice Enrico Caria, attualmente presidente della sezione fallimentare al tribunale di Aversa-Napoli Nord. «Conosco abbastanza la vita e gli uomini per pensare che forse qualcuno userà questa vicenda contro di me. Ma ci rido su, e non ho mai creduto ai complotti», dice il professionista a
Repubblica.
Mazzei, ma insomma, c'è da crederle o no? «Io sono sempre lo stesso. Con assoluta sincerità e senso della giustizia sono stato testimone. Con la stessa serenità dico che dimostrerò la mia estraneità».
Un'indagine che coinvolge anche altri 11 tra avvocati e altri commercialisti. Il pm della capitale Stefano Fava ha chiesto per Mazzei e gli altri una proroga di indagini di altri sei mesi per approfondirne e vagliarne la posizione. Al centro delle indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, il concordato fallimentare da 50 milioni per la catena di supermercati Cedi Sisa, di cui Mazzei è stato commissario, e il fallimento della Work lines del gruppo D'Abundo, un dossier particolarmente importante dove ci si contende anche il monumentale castello aragonese e un importante palazzo romano. Le indagini dell'ufficio guidato dal procuratore Giovanni Pignatone vanno avanti in coordinamento con la Procura di Napoli Nord diretta da Francesco Greco con l'aggiunto Domenico Airoma. Il giudice Caria (alle spalle, incarichi a Santa Maria Capua Vetere e alla Fallimentare di Napoli) respinge le accuse, si dice vittima di veleni. In realtà, a segnalare presunte «anomalie » nell'ambito di alcune procedure che vedevano all'opera anche il giudice Caria, fu l'avvocato Vincenzo Di Foggia, successivamente querelato dal magistrato, ma pronto a difendersi.
Anche Mazzei si difende e argomenta: «Ribadisco tutto quello che ho sempre sostenuto dinanzi ai pm, da teste. Con la stessa fermezza, posso dire di essere estraneo a questa inchiesta. E come sempre sono disponibile in qualunque momento a offrire ai magistrati qualunque chiarimento. Ho fiducia nel loro lavoro ». Mazzei spiega di essere in contatto con Caria «dal 2014, più o meno. È capitato di essere andati qualche volta a cena, ma non ho mai notato anomalie né ricevuto richieste di alcun tipo». Sull'inevitabile accostamento fra questa indagine e la sua testimonianza nell'inchiesta Consip, scherza: «Ci sono vicende distinte e separate, che seguono i loro vortici. E questo alla fine crea coincidenze. La chiamo eterogenesi dei fini».
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Alfredo Mazzei 
Tratto da un articolo degli archivi di Repubblica 

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