SFATTI ITALIANI

Richard Benson Story 

di Chiara Barzini (foto e testi)
Ai concerti gli tirano polli allo spiedo e spazzoloni del water. Eppure quest’uomo ha mosso i primi passi insieme ai Rolling Stones, è stato il cattivo maestro di Marilyn Manson e sa chi ha ucciso Brian Jones. O almeno così dice... tratto da Repubblica 



Nessuno sa quanti anni avesse Richard Benson nel 1966. Ma aveva i capelli lunghi, neri e veri. Oggi ha una parrucca sintetica e la sua fidanzata Ester la pettina con cura prima di ogni pubblica apparizione. Ma quell’anno Richard comprò la prima chitarra elettrica venduta in Italia: la GZ33, e aprì a se stesso la strada che lo portò ad essere il Profeta del metal. Era magro, pallido e bitorzoluto.

Aveva un grande naso, una madre romana e un padre inglese che conosceva il padre di Mick Jagger perché entrambi erano istruttori di educazione fisica per gli squadroni inglesi durante la guerra. 

Questo,nella versione di Richard si traduce con: «Sono cresciuto con i Rolling Stones». Si mormora infatti che lui sia uno dei pochi detentori della verità sulla morte di Brian Jones perché quella notte, davanti a quella piscina, lui c’era. 

I suoi volevano un figlio architetto o avvocato, e invece si sono ritrovati Richard Benson, paladino della scena prog-rock anni 70. Ha portato la musica progressive a Roma quando i miei genitori facevano ancora il ballo del mattone, ha suonato con Grace Jones nel 1978 al Teatro Tenda di Ostia, e da lei si è anche fatto graffiare la schiena in pubblico. Si narra di concerti a Vancouver in cui Marilyn Manson, allora ancora Brian Hugh Warner, un bimbo pallido e magro con shorts da boy scout, ma già grande fan di Richard, si faceva accompagnare dal padre. 

Richard Benson c’è: come c’è Dio sui cavalcavia di tutta Italia. C’è anacronisticamente, fuori dai limiti di tempo, spazio e corpo. Dai 70 ad oggi le sue trasmissioni in radio e tv locali hanno arricchito l’immaginario dei satanisti di questo paese. Richard il metallaro del film Maledetto il giorno che t’hoIncontrato. I suoi fan lo chiamano il "Gerarca Infernale" o "Madre Parucca". Il suo rock è riconosciuto come "bestiale". 

Negli anni 90 i suoi porno rock show con Milly D’Abbraccio e Moana Pozzi hanno conquistato persino Sgarbi, che per arrivare al palco ha surfato la folla in preda ad estasi demoniaca al Diva Futura Club dell’Olgiata. Richard, il cui nome fu invocato dalle bestie di Satana come nuovo leader dopo l’arresto di Andrea Volpe. Richard, I love you. Chi non ti conosce oggi direbbe che sei psicopatico. Indossi una grande parrucca nera, urli, sputi e ti aggiri per la città con delle spade che chiami le tue “armi allucinanti”. Chi ti vede in tv pensa che tu sia la Vanna Marchi del metal. Ma io dico che hai ragione. Se fossi in te urlerei anche io… Di rabbia e paura per quello che succede ai tuoi concerti. Penso alla tua canzone Edicola di Cristo, quella su Gesù che diventa un edicolante e va a vendere bibbie usate. Penso al tuo rifugio nella vecchia chiesa diroccata... Penso a tutto questo e mi chiedo: Richard, perché ti sei ridotto così? L’Italia vuole saperlo. Oggi i tuoi fan dicono di averti visto rovistare tra la biancheria intima usata al mercato di via Sannio. I tuoi live non sono più il tempio di satana, ma luoghi infernali, dove le stesse persone che ti hanno sostenuto come il Marilyn Manson italiano, ti deridono lanciandoti polli allo spiedo e merluzzi congelati, carta igienica, spazzoloni del water e corone mortuarie. E dei satanisti ti hanno persino accecato con l’acido. Ma è questo il modo di vivere per un’icona come te? Richard, lo sai che ora c’è un videogame dove bisogna aiutarti a superare le vicissitudini dei tuoi concerti, schivando i maialini sardi che ti lancia la folla (GIOCA QUI)? 

Ti hanno anche dedicato un simposio… “il Simposio degli Schifosi”. Io lo so cos’è cambiato. Risale al 2001, quando, a detta tua, sei mani ti hanno sollevato e ti hanno buttato da Ponte Sisto. Alcuni dicono che a buttarti sei stato tu, per debiti. Altri, che eri depresso perché l’artrosi alla mano non ti consentiva più di suonare. Ma la verità me l’hai detta davanti a un cappuccino al bar sotto casa tua: «Sono volato da 30 metri sull’asfalto in un punto dove muoiono tutti e sono molto più vivo di prima. Hanno cercato di ammazzarmi. Però io riesco a volare e quel giorno ho volato. Il mio corpo è rimasto vivo sotto il ponte, ma Richard Benson è morto. Io sono adesso un’altra persona. Sono rimasti i ricordi, i gusti musicali, ma il mio carattere è cambiato. Sono qua per combattere. Per rendere giustizia». 

E insomma, Richard, se sei sulla terra per combattere, urla con la più mefistofelica voce che hai contro tutti quegli scopettoni che ti lanciano addosso. Urla e credi in te stesso perché sei uno degli uomini più coraggiosi che abbia mai conosciuto. E abbi fede, perché, come tu mi hai detto, «un giorno verrà il dio del metallo e tutti lo riconosceranno perché le sue unghie saranno plettri».

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