Avvisarono il portinaio: «Lascia entrare l’auto e non dire niente». Fecero svuotare il palazzo: la signora non vuole nessuno. Mina arrivò con l’autista, controllò i metri quadri e disse: «Lo prendo». E nell’appartamento di via Crispi arrivò la moquette rosa. Ai pittori fu ordinato del marrone scuro per la camera da letto. Le fecero notare che forse osava troppo: «Mi rilassa». In quella casa di 185 metri quadri la massima diva passò dieci dei suoi 75 anni (li ha compiuti ieri, auguri): dal 1997 al 2007. Capitava di vederla stendere sul balcone, dicono i signori Capretti. «Qui in città ci consideravano dei privilegiati perché abitavamo nello stesso palazzo di Mina: la si vedeva girare in pelliccia, sempre vestita di nero. Molto altera, riservata, educatissima: comprava parecchia roba da Berto, il fruttivendolo».
I cronisti ne avevano una gran paura: per quello sguardo da maleficio che emanava massimo fastidio e alterigia, perforava gli occhiali da sole e pareva avere una sua traiettoria divina. Filippo Venezia svuotò un rullino, per lei. L’avevano chiamato: «Corri, è qui». La treccia, il completo nero, il pallore aristocratico: la tigre era in via Tosio, davanti al negozio di paramenti sacri. L’ha pedinata, «lei si è girata e mi ha fulminato: ho continuato a scattare». Lo scoop uscì su Oggi : Mina a Brescia.
La signora non gradiva la mondanità: suo marito, il professor Eugenio Quaini, pure. Al bar Magenta mandavano Massimo, il maggiordomo, a ordinare il caffè: decaffeinato con latte a parte. Che glielo portassero a casa: al bancone si vedeva pochissimo, «non era donna da chiacchiere». Puerari spediva il garzone da Mina con i bacetti (i panini morbidi): qualche volta, fa sapere Daniela, la fornaia, anche la torta di mele.
 Tratto da un post de mio ex amico di fb Ciro Oliviero 

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