Il virus, in cinque giorni, s’è portato via Carlo Franco. Al dolore per la perdita di un amico di lungo corso si aggiunge l’assurdo dispiacere di non aver potuto leggere una cronaca diretta della malattia, una volta guarito. Aveva ottantadue anni, Carlo, era il nostro decano. Il giornalismo per lui era passione, vita. Se l’era portato pure in casa, sposando Maria Teresa della gloriosa dinastia dei Campili. Stava già preparando il prossimo pezzo, su don Aniello Manganiello.Aveva proposto una decina di servizi a Canale 21 di Gianni Ambrosino. Il mestiere di raccontare fatti era indispensabile come l’aria, era una specie di livella perché con un articolo, lui che si sentiva uno della strada, poteva fare tremare un potente, denunciare un imbroglio. Una volta accadeva. Era il tempo in cui si godeva a sporcarsi le mani con l’inchiostro della rotativa, a cogliere l’odore della carta. Fino all’ultimo ha scritto dovunque ci fosse uno spazio, anche annotando pensieri su Facebook. Uno degli ul